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Full text of "Vasconcello : opera in tre atti"

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A 


MMELLO 

©pera  in  tre  3tti 

Musica  del  Maestro 

ANGELO  VILL4HI§  - 

da  rappresentarsi  • 

AL  OR  A IV  TEATRO  LA>  FENICE 

NELLA.  STAGIONE 

9 

»  . 

ili  Carnovale  e  Quadragesima  1857-58. 


VENEZIA 

PALLA  TIPOGRAFIA  DEL  COMMERCIO 


//  Maestro  Angelo  Yillanis  ed  i  Fratelli  Marzi  esclusivi  pro¬ 
prietari  del  presente  Libretto  e  della  relativa  Musica,  in¬ 
tendono  porre  il  tutto  sotto  la  salvaguardia  delle  leggi  vi¬ 
genti  su  tale  argomento. 


MUSIC  LIBRARY 
UNC--CHAPEL  HILL 


AVVERTIMENTO 


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Don  Alfonso ,  Signore  di  Soni  (trèni,  fu  una 
delie  più  bruite  incarnazioni  di  quel  feudalismo , 
la  di  cui  rovina  è  uno  de 5  più  splendidi  trionfi 
del  Cristianesimo.  Il  contrasto  offerto  da  un 
feudatario  deforme  e  demente ,  congiunto  in  ma¬ 
trimonio  con  una  bellissima  dama ,  consangui¬ 
nea  di  Luigi  XIV ,  ed  educata  per  conseguenza 
nella  corte  più  cavalleresca  di  que  tempi .  dovea 
scuotere  la  mente  del  poeta  drammatico. 

Nel  mio  lavoro  mancherà  certamente  arte, 
non  quella  volontà  ed  amore  che  si  raddoppia¬ 
vano  in  me  scrivendo  per  un  teatro  di  Venezia. 


h  AUTORE. 


Digitized  by  thè  Internet  Archive 
in  2019  with  funding  from 
University  of  North  Carolina  at  Chapel  Hill 


https://archive.org/details/vasconcellooperaOOsole 


PERSONAGGI 


DON  ALFONSO  Signore  di  Santarèm, 

Sigx  Cornago  Gio.  Battista. 

ISABELLA  di  Francia,  sua  sposa, 

Siga  Bendazzi  Luigia. 

D.  PIETRO,  congiunto  ed  erede  di  D.  Alfonso, 

Sig.a  Brambilla- Marnili  Gaetanina. 

LUIGI  Conte  di  SUZA,  favorito  di  D.  Alfonso, 

Sig.r  Ferri  Gaetano. 

VASCONCELLO,  fratello  del  Conte  di  Suza, 

Sig.r  Sarti  Vincenzo. 

UN  UFFICIALE  DELLE  GUARDIE. 

UN  USCIERE. 

Cavalieri  e  Dame  —  Uomini  e  Donne  del  Popolo  — 
Pa^ci,  Scudieri,  Ufficiali  delle  Guardie,  ecc. 

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trazione  avviene  in  Santarèm  di  Portogallo ,  secolo  XVII. 


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* 


PRIMO 


SCENA  PRIMA 


Via  in  Santarèm  —  Nel  fondo  a  sinistra  elevasi  la  parte  poste¬ 
riore  del  palazzo  del  Conte  di  Suza,  con  porta  secreta  pra¬ 
ticabile  —  Uomini  e  donne  del  popolo  attratti  dalle  grida,  e 
dai  suoni  chJ  escono  dai  fìnestroni  illuminati  del  palazzo  — 
Indi  il  Solitario,  con  lunga  barba  bianca,  ed  abbassato  il  cap¬ 
puccio  sino  agli  occhi. 


Coro  ed  il  &o!iIario. 


Cono  L 

II. 


TITTI. 


SOLIT. 

Cono 

SOLIT. 

Coro 


Solit. 

Cono 


So  UT. 


Là  danze  liete  —  fra  i  nappi  e  il  canto. 
Ebbri  signori  * —  procaci  dame  ! 

Qui  genti  oppresse  • —  nel  duol,  nel  pianto, 
Volti  scarnati  —  gemiti  e  fame  ! 

Pera  E  indegno  —  che  in  turpi  cene 
Osa  gli  afflitti  —  schernir  così  ! 

Co*  stenti  nostri  —  Y  orgie  mantiene 
D’ infami  notti  —  <P  infami  dì  ! 

Il  Solitario  !...  — 

Per  poco  ancora 

Soffrite,  o  figli,  !..  —  Vicina  è  Y  ora  ! 
Padre  !  . . 

Su  tutti  —  contar  poss’  io  ?  .  . 

Pei  nostri  figli  —  d*  innanzi  a  Dio 
Noi  già  da  tempo  —  ti  abbiam  giurato 
Cieca  fidanza,  —  ferma  amistà. 

Domani  adunque  —  nel  loco  usato, 

All’ora  istessa  . .  — 

Niun  mancherà  ! 

Pera  Pindegno  —  che  in  turpi  cene 
Osa  gli  afflitti  —  schernir  così.  ! 

Co*  stenti  nostri  —  1’  orgie  mantiene... 
Ma  dell’  ammenda  —  già  presso  è  il  dì  ! 


8 


SCENA  II. 


Il  Solitari»  solo. 

Solit.  Giustizia  del  Signore, 

Prima  che  il  fiilmin  scenda. 

Lascia,  che  alP  empio  il  core 
Un’altra  volta  io  tocchi,  e  ’l  vero  intenda  ! 
(ode  rumore  alla  porta  segreta  del  palazzo ,  e  sì 
cela  dietro  la  colonna  d'  una  casa  vicina .) 

SCENA  III. 

Si  i  onie  «li  Suza  ed  un  Ufficiale  «Selle  guar«lie 

dalla  pori  a  segreta. 

Conte  Compiuto  è  il  mio  destino. . . 

Già  T  ebbro  dissennato, 

Fra  i  cantici  ed  il  vino, 

La  sua  sentenza  alibi  ecco  ha  firmato  ! 

(ripone  il  foglio ,  cìie  ha  fra  le  mani,  nella  borsa 
di  velluto  che  gli  pende  al  fianco.) 

Ai  fidi  nostri  invia  {ull  Ufficiale) 

Messaggi  :  al  punto  eletto 
Presta  la  nave  sia  .  . . 

Uff.  A  domani,  mio  sir  ! 

Conte  L’augurio  accetto  !  . . 

(V  Ufficiale  parte) 

SCENA  VI. 

13  Conte,  indi  il  Solitario. 

Conte  Sì  .  .  .  nell*  avito  suolo 
Avrò  potere  aneli*  io  ! 

Al  temerario  volo 
Opporsi  ornai  chi  può  ? .  . 


SoLlT. 

Conte 

Solit. 

v#  • 

Conte 

Solit. 

Conte 

Solit. 


Conte 


Solit. 

(  iONTE 

Solit. 

Conte 

Solit. 


9 

Lo  puole  Iddio  !  {avari- 
Tu,  che  ognor  la  mia  presenza  zandosi) 

Vai  spiando,  e  chi  sei  tu  ? 

Chi  son  io  ?..  la  tua  coscienza, 

Son  la  voce  di  lassù  ! 

Le  tue  fole,  o  tracotante, 

Reca  altrove . . . 

È  tf  uopo  a  te 

C1C  io  favelli  un  solo  istante  . . . 

Breve  sia, . . .  che  vuoi  da  me  ? 

Ad  un  padre  che  moria 
Due  fratelli  il  giuro  offrir, 

Per  la  patria  che  languia 
Sol  di  vivere  e  morir. 

L*  un  serbò  fedele  il  giuro, 

E  da  te  proscritto  fu  . . . 

L*  altro  al  cicl  si  fé'  spergiuro, 

Qui  trionfa,  e  quel  sei  tu  !  . . 

Da  vii  plebe  venerato, 

Tu  ravvolto  nel  mister. 

Già  da  tempo,  o  forsennato, 

Sfidar  pensi  il  mio  poter  ? 

Ben  m’  è  noto,  astuta  volpe, 

Che  ti  piaci  cospirar  . . . 

Quai  spergiuri,  quali  colpe 
Tu  in’  ardisci  rinfacciar  ? 

Quali  colpe  ?  . .  Intorno  mira 
E  dovunque  appariranno  ! 

Là  un  fratello  che  sospira 
Già  da  un  lustro  il  patrio  suol  ; 

Qui  fra  1‘  orgie  i  tuoi  si  stanno, 

Mentre  ogni  altro  vive  in  duol  I 

O 

Son  io  forse  il  sir  ?  .  . 

Serpente 

Sei  che  turba  la  sua  mente  ! 

Chi  mi  frena  ! .  . 

Ed  il  suggello 


10 


Conte 

Sout. 


Som. 


Conte 


Sout. 
(  'onte 

SoLIT. 

Conte 

SoLIT. 

Conte 

SoLIT . 
Conte 
Som. 


Onde  porre  a  tanti  guai. 

Ora  insidj,  o  cor  rubello, 

Fino  il  seggio  al  tuo  signor  ! 

Menti,  o  iniquo  ! 

Ali  !  il  sappi  ornai. . . 

Sol  di  le  mi  spinge  amor  !  (il  Conte  rimane 
colpito — il  Solitario  gli  si  avvicina  commosso:) 
Nel  nome  santo 
IV  un  genitore, 

Bagnato  in  pianto, 

Favello  a  te. 

Scaccia  dal  cuore 
Desio  profano .  . . 

A  morte,  o  insano, 

Ti  guida  il  piè  ! 

(Il  nome  santo 
Del  genitore, 

Bagnato  in  pianto, 

Ripete  a  me  ! 

Chi  del  mio  cuore 
Gli  aprì  V  arcano  ?  . . 

Ma  tutto  è  vano, 

Già  mosso  è  il  piè  !) 

Compi,  o  Suza,  i  tuoi  giuri! 

0  vegliardo, 

Neppur  Dio  può  tarpare  i  miei  vanni  ! 
Infelice  !..  lo  sfidi  a'  tuoi  danni! 

Trema,  o  stolto,  ! 

Tremare  non  so  ! 

Cedi,  o  Suza  ! . . 

Ti  togli  al  mio  sguardo, 

Nè  t’  offrire  a’  miei  passi  più  mai  ! 

A  quest’  ora  doman  mi  vedrai  ! 

Il  tuo  capo  doman  troncherò  ! 

Empio  core,  indurita  cervice, 

Odi  quanto  il  Signore  ti  dice  !  . . 

Nuncio  ornai  di  tua  rovina 


li 


Rugge  il  tuono,  il  fulmin  piomba  ; 

L*  ultinT  ora  s’  avvicina  . . . 

Guai  tre  volte,  guai  per  te  ! 

Maledetta,  infame  tomba 
S"  apre,  misero,  al  tuo  piè  ! 

Conte  Suza  il  folle  anatèma  ha  raccolto, 

E  lo  sputa  schernendo  al  tuo  volto  ! 

Se  ancor  vivi  è  eh’  io  ti  sprezzo, 

Banditor  di  negro  fato  ! 

La  tua  testa  è  vile  prezzo 
Più  che  il  fango  del  mio  piè  ! 

Ti  allontana,  sciagurato, 

Pria  che  V  ira  parli  in  me  !  (il  Conte 
rientra  per  la  porta  segreta ,  il  Solitario 
nella  casa  immediata.) 

SCENA  V. 

Gran  sala  nel  palazzo  del  Conte  di  Suza,  con  colonne  e  gallerie 
ai  lati,  apparecchiata  a  splendido  banchetto.  I  convitati,  per  la 
più  parte  feccia  della  società  innalzata  ai  più  alti  gradi  del 
paese  dalla  protezione  del  favorito,  circondano  coi  bicchieri 
alla  mano  D.  Alfonso,  sdraiato  sopra  un’ottomana,  e  al¬ 
quanto  esaltato  dal  vino  —  Isabella  si  è  ritirata  colle  sue 
donne  presso  un  tavoliere,  carico  di  giojelli  d’  ogni  qualità, 
ed  osserva  un  libro  di  disegni  coperto  d’ oro  e  velluto,  che 
TL  Pietro  le  sta  svolgendo  con  tutto  rispetto.  Alla  fine  del 
primo  coro  sarà  già  rientrato  Luigi  di  Suza. 

Orgia. 

Càv.  Oh  questo  è  ben  superno  ! . . 

Ogni  altra  gioja  è  scherno  ; 

La  vita,  e  mal  non  scemo, 

Ne  sia  banchetto  eterno  ! 

Beviamo  ai  primi  grappoli 
Spremuti  da  Noè  ! 

Pari  a  costui  trascorrano, 

Signore,  i  giorni  a  te  !  ( tutti  vuotano  le 

tazze.) 


Gay. 


n 

D.  Alf.  Malcreati  ! . .  cT  innanzi  a  queste  dame, 

Use  a  gentili  carmi 

Dei  profumati  cavalier  di  Francia,  : 

Voi  di  vino  cantate  e  non  d’  amore  ? 

Non  vo’che  al  lor  signore 
Portin  querela  . .  .  Orvia  ! 

S’  empiano  i  nappi,  e  amore  il  canto  sia!  (i  Paggi 
La  donna  è  meta,  è  porto  riempiono  le  tazze) 
D'  ogni  mortai  trasporto  ; 

Più  che  il  rubin  d’Oporto 
Ella  ci  dà  conforto  ; 

Omaggi  a  lei  si  devono 
Almen,per  cinque  dì. 

Un  giorno  a  innamorarla, 

Tre  giorni  per  amarla, 

Un  giorno  per  lasciarla. 

Un  attimo  a  scordarla . . . 

Viva  la  donna  ! . .  vivano 
D'  amore  i  cinque  dì  ! . . 

Conte  Signora,  ingrata  suona  (a  Isab,) 

A  voi  pur  anco  la  canzon  d’  amore  ? 

Isar.  Conte,  di  voi  ben  degna 
È  F  adunanza  ! . . 

o.  Pietr.  (E  di  tal  sir  !) 

Conte  (Superba  !) 

D.  Alf.  E  n  ha  ragion  !..  Gli  orecchi 

M  han  lacerato  questi  corvi  !  —  A  voi 
Tocca,  mia  sposa,  ritemprarmi . . .  Alcuna 
Strofa  di  Francia  udiam  .  . . 

Isab.  ( con  indegnazione)  lo  ?  . . 

Ch  Alf.  Si  !  Cantate  ... 

Cantate,  il  voglio  ! 

Conte  ( con  ironia)  Udiamo 

Del  gentil  vostro  labbro  il  dolce  incanto. 
D.Pietr.(01i  indegni  tutti  !) 

Isab.  (a  1).  Pietro)  (Vi  frenate  !)  io  canto  ! 

(profondo  silenzio) 


13 


I. a 

Che  mai  vuole  dagli  ebbri  felici 
Quella  turba  di  abbietti  mendici  ? 

Non  han  pane,  nè  tetto,  nè  vesti  ? 

Perchè  dunque  il  Signor  li  creò  ? 

Su  beviamo  !..  al  dolore  dei  mesti 
Colui  pensi  che  il  mondo  formò  !  . . 

D.  Alf.,  Conte  Su  beviamo  !..  al  dolore  dei  mesti 

e  Cav.  Colui  pensi  che  il  mondo  formò  ! 

II. a 

Isab.  Fra  le  dapi  ed  i  vini  che  importa 

Se  altri  gemon  per  fame  alla  porta  ? 

Di  natura  beati  alF  incanto 
Rispettiam  il  supremo  voler . .  . 

Essi  han  Y  alma  per  fonderla  in  pianto, 

E  noi  sensi  pel  riso  e  il  piacer  ! .  . 

D.  Alf.,  Cav.  Essi  han  Y  alma  per  fonderla  in  pianto 

e  Conte  E  noi  sensi  pel  riso  e  il  piacer  ! 

HI.a 

Isab.  Tal  suonava  il  convito  dell’  empio, 

(. con  impeto )  Ma  il  Signor  dell'  Assiro  fè  scempio  .  .  . 

Tal  cantava  il  superbo  Epulone, 

Ma  T  averno  a7  suoi  piedi  s7  aprì . . . 

Tal  dicea  banchettando  Nerone, 

Ma  la  man  d7  uno  schiavo  il  colpì  ! 
ì).  Alf.,  Conte  La  ballala  si  cambia  in  sermone  .  . . 
e  Cav.  Su  beviamo  !..  e  sia  pure  così  ! 

r  SCENA  VI. 

Un  Usciere,  indi  Yasconeello  e  Delti. 

% 

Use.  Di  Francia  in  nome  —  chiede  V  ingresso 
Un  Messaggiero.  — 

D.  Alf.  Gli  sia  concesso, 

E  un  nappo  appuri ...  — 

Isab.  (alla  vista  dell ’  inviato)  (Ciel  ! . .) 


u 

Tutti 

Conte 

Vasc.. 


I).  Alf. 


ISAB  . 


Yasconcello  ! 

(F  ranco  inviato  !..  —  desso  !..  il  fratello  !) 

( piegando  il  ginocchio ,  e  presentando  al  Signore 
Signor  ! . .  di  Santarèm  una  lettera) 

Che  è  questo  ?..  —  Levati,  amico  . . . 
Io  di  letture  —  voglia  non  ho.  ( poi  a  Suza) 

Conte,  mi  svolgi  —  codesto  intrico  .  .  . 

(Il  turbamento  —  celar  non  so  !) 

Conte  Vuol  Re  Luigi — die  rieda  in  Francia  ( dopo  aver 

Donna  Isabella  ...  —  letto) 

D.  Alf.  ( senza  sorprendersi)  Vuol  ?  non  è  ciancia  ! . . 
Vasc.  E  fin  che  in  porto  —  giunga  il  vascello 
Ripari  al  tetto  —  di  Vasconcello. 

Conte  (Signor,  cedete ...  — -  finger  conviene  !)  (ad  A  If.) 
D.  Pietr.  (Oli  per  noi  tutti  —  quale  rossor  !) 

Coro  (Che  strano  evento  !  — ) 

(No  ! . .  tanto  bene 
Tu  non  sognavi  —  povero  cor  !) 

Tutti. 

(Ei  venne  qual  angelo 
Nei  dì  del  martiro  !  . . 

Il  ciel  della  misera 
Accolse  il  sospiro  .  .  . 

Oh  gioja  ! . .  da  forte 
Sfidai  la  rea  sorte, 

Ed  ora  nel  giubilo 
Non  regge  il  mio  cor!) 

(La  gioja  dclF  anima 
Nel  viso  le  splende  . . . 

Mio  cor . . .  perchè  palpiti? . . 

Qual  speme  t’  accende  ? 

Va,  compi  il  cammino 
Del  fiero  destino  . . . 

Combatti ...  fra  gli  uomini 
Per  te  non  v?  ha  fior  !) 

(Oh  !  come  precipita 
Del  sir  la  possanza  ! 


Isab. 


IsAB. 


Vasc. 


Conte 


D.  PlETR. 


I).  Alf. 


Cay. 


ì  )ame 


\  ASC. 

{).  Alf. 


Lo  cinge  d’  obbrobrio 
La  franca  baldanza  . . . 

Ma  presso  è  quel  giorno 
CIP  io  lavi  lo  scorno. 
Donando  a  quest'  aule 
L*  antico  splendor  !) 

(Avviva  i  tuoi  pètali, 

0  fior  peregrino  !  .  . 

Va,  Y  albe  t' irrorino 
Del  patrio  giardino  ! 

Che  importa  se  in  duolo 

10  resto  qui  solo 
Piangendo  le  vergini 
Speranze  d’  amor  ?  . .) 

Ah  !  Ah  ! . .  tutti  mutoli  ! . . 

Vi  colga  il  malanno  ! 

È  forse  che  Y  anfore 
Licor  più  non  danno  ?. . 

Su,  paggi,  scudieri, 

Empite  i  bicchieri, 

CIP  io  voglio  far  brindisi 
Dei  Franchi  al  signor  ! 

(0  Suza,  è  vicina, 

Del  sir  la  mina  ! . . 

Già  i  lampi  risplendono 
D'  un  astro  miglior  ! . .) 
(Alfine  la  mesta 

Dal  duol  si  ridesta  ! 

Alfine  sorridere 
Le  sembra  il  Signor  !) 
Ebben,  dite . . . 

Io  lieto  appago 

11  desio  del  buon  Luigi . . . 
Una  trecca  del  mio  Tago 
Val  le  dame  di  Parigi  ! 

Va,  Fadduci  a  miglior  porto, 
Vasconcel,  l'affido  a  te... 


IO 


Or  versatemi  F  Oporto 
Su  mesciam  elei  vini  il  re  ! 

(Un  Paggio  versa  da  bere  a  D.  Alfonso.) 

è 

Tutti. 

Isaij.  (Ei  venne  qual  angelo 

Nei  dì  del  martiro  ! 

Il  del  della  misera 
Accolse  il  sospiro ... 

Oli  gioja  !..  eia  forte 
Sfidai  la  rea  sorte, 

Ed  ora  nel  giubilo 
Non  regge  il  mio  cor  !) 

Vasc.  (La  gioja  dell’  anima 

Nel  viso  le  splende!. . 

Mio  cor,  perchè  palpiti  ? 

Qual  speme  Faccende  ?  .. 

Va  compi  il  cammino 
Del  fiero  destino  ; 

Combatti...  fra  gli  uomini, 

Per  te  non  v’  ha  fior  !) 

Conti:  (Oh  !  come  precipita, 

Del  sir  la  possanza  ! 

Lo  cinge  d*  ohhrorio 
La  franca  baldanza  ! 

Ma  presso  è  quel  giorno 
Clv  io  lavi  lo  scorno, 

Donando  a  quest’  aule 
I;  antico  splendor  !) 

D.  Pietk.  (Avviva  i  tui  pètali, 

0  fior  peregrino  ! 

Va,  F  albe  F  irrorino 
Del  patrio  giardino  ! 

Che  importa  se  in  duolo 
Io  resto  qui  solo. 

Piangendo  le  vergini 
Speranze  d’  amor?) 


17 


D.  àlf.  Ah  !  Ah  !  . .  tutti  mutoli!.. 

Vi  colga  il  malanno  ! 

È  forse  che  V  anfore 
Licor  più  non  danno  ? . . 
Su,  paggi,  scudieri, 
Empite  i  bicchieri, 

Clr  io  voglio  far  brindisi 
Dei  Franchi  al  signor  ! 
Cay.  (0  Suza,  è  vicina 

Del  sir  la  ruina  ! 

Già  i  lampi  risplendono 
D'  un  astro  miglior  !) 
Dame  (Alfin  quella  mesta 

Dal  duol  si  ridesta  ! 
Alfine  sorridere 
Le  sembra  il  Signor  !) 


* 

Vasconcello  offre  rispettosamente  la  mano  ad  Isabella, 
che  parte  seguita  da  J).  Pietro  e  dalle  Dame  • —  / 
Cavalieri  si  guardano  1’  un  l’  altro  ammirati ,  il 
Conte  atteggiasi  in  atto  di  beffa  —  D.  Alfonso  dà 
fondo  all '  ultimo  bicchiere  mentre  cala  il  sipario. 


F!>E  DELL  ATTO  PRIMO. 


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SCENA  PRIMA 

Gabinetto  nel  Palazzo  di  Yasconcello.  —  Alla  dritta  porta  d’ in¬ 
gresso  ;  alla  sinistra  porta  che  introduce  alle  interne  abita¬ 
zioni  disposte  per  Isabella  ;  nel  tondo  altra  porta  dischiu¬ 
sa  che  mette  all'Oratorio.  I  mobili  sono  eleganti  e  magnifici 
allo  stile  di  Luigi  XIV.  L’  ultimo  raggio  del  sole  occidente, 
entrando  per  le  vetriere  colorate, -veste  di  porpora  le  pareti 
delPabitazione.  Panneggiamenti  pure  di  velluto  adornano  le 
porte.  —  I&asnigelle  rivolte  all"  Oratorio.  SIL  Pietro 
e  seduto  presso  il  tavolo.  —  alle  porte  dell’Oratorio 

e  dell’ingresso.  —  Indi  Poiana  IsaSaelEa  che  esce  dal  - 
P  Oratorio. 


Cono  Tu,  che  ai  Cherubi  — •  l’hai  fatta  uguale, 
Volgi,  o  Signore,  —  T  occhio  immortale 
A  queir  afflitta  —  nel  suo  dolor. 

Tu,  che  dei  fiori  —  del  paradiso 

Il  più  leggiadro  — •  le  spargi  in  viso, 

Fa  che  la  pace  —  scenda  al  suo  cor  ! 
Viene!... 


D.  Piet.  Signora! — -.(s’alza,  e  avanzandosi  le  ba- 

Isab.  Congiunto  amalo!  eia  la  mano.) 

D.  Pietr.  Oggi  pregaste  - —  più  dell'usato. 

Isab.  Fa  prece  è  il  balsamo  —  del  mio  soffrir  ! 

]).  Pietr.  Bello  è  T  tramonto  —  sereno  e  vago 

Il  ciel, . . .  vorreste  —  scorrere  il  Tagò  ?... 

Isab.  No  !  meglio  un  cantico  —  m’  è  grato  udir  ! 

{ Isabella  siede  presso  un  tavolo  collocando  i  piedi i 
sopra  un  ampio  cuscino  di  velluto.  —  D.  Pietro 
prende  V  arpa ,  e  s’ asside  sopra  uno  sgabello ,  o 
piccola  ottomana.) 

j).  Pietr.  Chi  ti  vide,  o  bella  Francia, 

E  d’  amor  non  palpitò? 

Chi  di  lagrime  la  guancia 
Nel  lasciarli  non  bagnò? 


io 


Le  lue  gemme,  ed  i  tuoi  fiori 
Son  le  dame  e  i  cavalier  ; 

Sei  la  patria  degli  amori, 

Sei  la  terra  del  piacer  ! 

Isàb.  (Oh  Francia,  o  Francia  mia!... 

Io  più  non  ti  vedrò!)  Bello  è  il  tuo  canto, 

Ma  d’  un’esule  al  cor  suono  è  di  pianto. 

D.  Piet.  (preludia  e  cambia  pensiero ,  affissandosi,  con 
passione  in  Isabella  :) 

Nel  silenzio,  che  ti  uccide. 

Nutrì,  o  misero,  V  amor! 

Anco  Y  aure  sono  infide, 

Taci  ed  ama,  o  giovili  cor  ! 

La  tua  fiamma  in  petto  serra, 

Come  face  nell’  avel  : 

Il  martirio  della  terra 
Forma  gli  angeli  del  ciel. 

Isab.  Non  più,  non  più...  (alzandosi  commossa) 

Cono  e  D.  Pietr.  (  Che  avvenne  !  !  ) 

Isab.  ( fra  se)  (Ingenuo  cor,  non  sai  qual  ridestarmi 
Sento  ferita  a’  tuoi  leggiadri  carmi  !) 

(Tal  sempre,  ahi!  misera, 

Vissi  ed  amai: 

Tale  coll’  anima 
Io  vagheggiai 
La  diva  immagine 
Scolpita  in  cor! 

Al  cielo,  all’  aure 
Fidai  soltanto 
Gli  ardenti  palpiti, 

Le  veglie,  il  pianto, 

I  sogni  e  F  estasi 
I)'  arcano  amor!  ). 

0.  Pi  et.  (Più  non  nT  inganno!  . .. 

Ahi  !  quell’  affanno 
E  senso,  è  palpito 
IV  arcano  amor  !) 


Coro. 


21 


T).  PlET. 
ISAB. 

I).  PlET. 


ISAB. 


I).  PlET. 

Un  Pagg. 
I  ).  PlET. 
ISAB. 

D.  PlET. 


(Che  mai  le  vale 
Pompa  regale! 

Solo  di  lagrime 
Nutre  il  suo  cor.) 

Troppo,  ah  troppo  io  son  dolente. 

Clic  il  mio  canto  vi  attristò! 

Perdonate!  la  mia  mente 
Fatai  sogno  ricordò. 

Deh!  calmatevi,  signora, 

A  voi  s’  apre  un  dì  miglior  : 

Vasconccl .... 

(Nò  giunge  ancora  ( scuotendosi  a 

Il  mio  prode  difensori)  tal  nome) 

(Trascinata  al  par  dell’  onda 
La  mia  fonte  abbandonai; 
il  mio  nido  in  altra  sponda 
Come  rondine  cercai  ! 

Benedetto  il  pianto  e  il  duolo. 

Onde  vissero  i  miei  dì  ! 

Benedetto  il  caro  suolo 
Dov”  ei  nacque  e  11T  appari  !) 

(L’  avvivò  quel  nome  solo  .  . . 

Qual  sospetto  mi  feri!) 

Chiede  accessoVasconcello  !  (annunciando) 
(Qual  tremor  sue  fibre  assai  !  . .) 

Venga. .  .  (oh  gioja!) 

(È  quello,  è  quello 
11  felice  mio  rivai!) 


SCENA  11. 


Vii&con cello  c  Incili. 


Va  se.  (piegando  un  ginocchio  al  suolo ,  a  hoc  tu  lido  la 
ma  no  ad  Isabella.) 

Mia  signora ... 


ISAB. 


Sorgete! 


-  In  Lusitania (conturbamento) 
Voi  mi  veniste  innante 
Solo  una  volta,  e  fu  per  mia  difesa! 

S’  or  vi  riveggo,. a  grave  annuncio  solo 
Penso  che  il  devo. 

^  AS(:*  A  grave  annuncio  ;  ed  oso 

Chieder  perciò  privato  ascolto . . . 

1).  Piet.  (con  atto  (jet oso)  (Io  fremo!) 

ìs.uì.  Ite,  mie  care!  —  Perdonate,  amico! —  (a  I).  Pie¬ 
tro  il  quale  s  inchina,  c  parte  seguito  dalle  Ancelle.) 


*  «..*• 


IENA  III. 


^  asc©iK.'cl!o  e  Esalicfiln. 


Vaso. 

IsAfì. 

Vaso. 


ISAB. 

\  ASC. 
ISAB. 


Vasc. 

ISAB. 

\ 

Vasc. 


JJile  a  don  Pietro  che  da  queste  soglie  (ai  paggi) 

Non  si  allontani  —  La  signora  d?  uopo 

Fra  breve  avrà  di  lui.  ( /  paggi  partono) 

(Quale  mistero  !) 

Soli  noi  siamo ... 

Or  tutto. 

Signora,  parlerò  —  Venne  per  voi 
Al  pio  legato  un  messaggier  da  Roma. 

Un  messaggier  da  Roma!. ..  Ebben?.. 

(piegato  un  ginocchio ,  le  porge  un  foglio.)  Leggete! 
L*  augusta  impronta  delle  Sacre  Chiavi! 

(bacia  con  rispetto  il  sigillo ,  e  legge) 

Che  lessi  mai!...  Gran  Dio!. .  (con  giogo  estrema) 
No.  non  travedo!...  Libera  son  io! 

E  d'  Alfonso  il  nodo  infranto, 

Io  non  son,  non  son  più  sposa  ! 

(Come  or  rompere  P  incanto 
Di  quell'  anima  festosa!) 

So  che  tutto,  e  in  cor  F  ho  impresso, 

A  voi  deggio,  cavalieri 
0  Signora . . . 


ISAK. 


Yasc. 

Is.\r>. 


Y  ASC. 


IsAB. 

Yasc. 


ISAR. 

Yasc. 


Alfìn  concesso 

M’  è  d*  aprirvi  il  mio  pensier  ! 

Tempo  fu  che  iniquo  esiglio 
Alla  Trancia  vi  sospinse  : 

Là  scoili  ra  ncio  il  vostro  ciglio 
Senso  ignoto  il  cor  mi  vinse. .. 

Là  conobbi  il  vostro  duolo. 

E  fu  il  primo  mio  dolor  ! 

Voi  lasciaste  allor  quel  suolo. 

Ed  odiai  quei  suolo  allor! 

Deh  !  pietà! . . . 

Per  voi  soltanto  (con  passione) 
Io  Parigi  abbandonai! 

Non  di  pompe  inutii  vanto. 

Qui  voi  solo  ricercai . . . 

Or  che  al  nodo  abbonii  nato 
Dio  mi  toglie  in  sua  pietà, 

Or  che  in  terra  io  v*  ho  trovato 
Separarne  chi  potrà  !; .  .  . 

Ali  Signora!...  A  tale  accento 
Io  diserto  il  mio  cammino; 

Manco  a  un  sacro  giuramento. 

Mi  ribello  al  mio  destino  !... 

Più  non  reggo,  e  grido  ornai: 

Sempre,  o  donna,  anclY  io  v*  amai! 

0  mia  gioja! 

il  cor  trafitto 

Mai,  no  mai  parlar  dovea  !... 

A  quest’  occhi  or  V  alma  è  rea. 

Son  di  sprezzo  oggetto  a  me  ! 

E  che!  dunque  è  amor  delitto?  ...  (stupita) 

Chi  lo  vieta  ? . . 

Onore  e  fè!  ! 

Il  vecchio  Suza  — •  chiamava  un  giorno 
I  suoi  due  figli  —  a  sè  d’ intorno: 

Io  muoio ,  ei  disse,  —  scolpite  in  petto 
I)'  un  genitore  —  l’estremo  detto  ; 


u 


ISAB. 


Vasc. 


IsAB. 

Vasc. 

Vasc. 

Isab. 

Vasc. 

Isab. 

Vasc. 


Isab. 


Solo  alla  gloria  —  del  suolo  amato , 

E  a'  suoi  signori  —  sacrate  i  dì  ! 

Noi  genuflessi  — -  F  abbiam  giurato, 

Poste  le  mani  —  sopra  il  Vangelo: 

Ei  sorridendo  ■ —  gli  sguardi  al  cielo 
Volse,  e  spirando  —  ci  benedì! 

E  che  far,  che  far  degg’  io  ( commossa ) 

Per  servire  al  compimento 
Di  sì  nobile  desio  ?... 

(Ciel  m’  assisti  in  tal  momento!) 

Sol  rimane  ai  patrii  lutti 
Una  speme . . . 

E  qual?. . . 

Signora, 

A  don  Pietro,  amor  di  tutti, 

Farvi  sposa  ! 

(soprafatta  dallo  stupore)  Intendo  il  ver?.. 

Chi  lo  impone,  chi  lo  implora 
E  la  patria,  ed  il  dover  ! 

E  voi  siete,  ed  io  pur  V  odo, 

Che  tal  parla  ?  . . 

Oli  non  v'  è  scampo  ! 

Può  soltanto  questo  nodo 
Di  salute  offrirne  un  lampo  ! 

Ahi  !  me  misera  ...ed’  amarmi 
Ei  mi  disse,  e  vii  mentia  !  . . 


Ah  !  perchè  perchè  vuoi  farmi 
Infelice,  o  Dio,  così  !  .  . 

Vasc.  Deh  pietà!.,  quest'alma  mia  (con  atto  di 

Disse  —  v’amo  —  e  non  mentì!.,  disperazione) 
(  V asconcello  asconde  il  capo  fra  le  mani ,  e  piange — 
Isabella  gli  si  avvicina  amorosamente,  e  commossa:) 
Isab.  Tu  m'ami!.,  ah  sì!.,  ripetilo, 

Ripetilo,  amor  mio! 

Perchè  vorresti  uccidermi 
Con  duol  sì  lungo  e  rio  ?  . . 

Ah  !  ti  comprendo!  calmati, 


23 


Non  piangere,  mia  vita  ! 

Dimmi  —  V  impongo  — e  ardita 
M’  offro  al  tuo  patrio  amor  ! 

Vaso.  Signor,  Signor,  soccorrimi  ! .  . 

Presso  a  cader  son  io  ! .  . 

E  troppo  amaro  il  calice 
Che  porgi  al  labbro  mio  !... 
Come  troncar  nell’  estasi 
Di  tanto  amor  la  vita  ?... 

Di  che  mortai  ferita 
Sento  squarciarmi  il  cor  ! 

Isap».  Parla  !... 

Vaso.  Ornai  la  comun  sorte 

Dai  ribaldi  vien  compita  : 

In  voi  soli  è  stabilita 
La  speranza  d’  ogni  cor. 

Trovi,  sì,  la  rea  coorte 

Ch'  empio  giogo  apporne  intende, 
Come  il  popol  non  si  vende 
A  spergiuri  traditor  !  — 

Io  T  impongo  !... 

Isab.  Ebben  sia  fatta 

Del  Signor  la  mente  appieno  ; 

Il  supplizio  a  cui  son  tratta 
Su  nel  ciel  mi  valga  un  dì  ! 

Vasc.  (Deli!  resisti,  o  cor,  nel  seno!  .  .  . 

Il  mio  fato  si  compì.) 

a  2. 

Isab.  e  Vasc.  Se  disgiunti  sulla  terra 

N’  ha  il  rigor  dei  fati  umani. 
Sempre  al  tuo  con  moti  arcani 
Il  mio  cor  risponderà! 
Ritemprato  dalla  guerra, 
Sublimandosi  al  dolore, 

Presto  in  ciel  cotanto  amore 
Immortai  rinascerà  ! 


M 

Vasc.  Pronto  è  Y  altare  !...  seguimi . . . 

0*  uopo  ò  affrettar  Y  istante  !  (Isabella  sì 
(lecitina  al  tavolo ,  tocca  un  timpanetto  d’  argento 
e  presentasi  un  Paggio.) 
t sa i». (al paggio)  La  mia  lettiga  apprestisi. .  . 

Venga  don  Pietro  innante.  (il  paggio 
Vaso.  Donna  sublime,  ali  !  donami  parte) 

Ora  F  estremo  vale! 

Lab.  Qui  separiamo  il  frale 

Ma  non  la  mente  e  ?1  cor  ! 

Solo  nel  ciel  congiungere 
Ornai  ne  puote  amor. 

1  sab.  e  Vasc.  Se  disgiunti  sulla  terra 

]Y  ha  il  rigor  dei  fati  umani, 

Sempre  al  tuo  con  moti  arcani 
11  mio  cor  risponderà  ! 

Ritemprato  dalla  guerra, 

Sublimandosi  al  dolore, 

Presto  in  ciel  cotanto  amore 
Immortai  rinascerà  ! 

[Isabella  entra  ne"  suoi  appartamenti  accompagna¬ 
ta  da  Vasconcello.) 

SCENA  IV. 

W.  fi*ielro  solo. 

CIP  io  non  parta  m’ impone,  e  quivi  attenda 
I  cenni  suoi  !  —  Perchè,  perchè  nel  seno 
Palpiti,  o  cor? .  . .  Che  speri?  Ahi  sventurato! 

Speme  non  v?  ha  per  te!  . .  Nè  fian  compresi 
1  tuoi  sospir,  nè  accetti .  .  . 

Altri  possiede  di  quel  cor  gli  affetti! 

Pera  il  dì  che  ad  alto  loco 
Mi  serbò  destin  fatale  ! 

Pera  Y  anima  di  fuoco 
Onde  Iddio  m’  accese  il  frale! 

Presso  al  trono  io  gemo  e  vivo 
Come  fior  di  sole  privo . . . 


A, 

E  la  morte  assai  men  ria 
Che  incompreso  e  solo  amar .  .  . 

Mi  dovevi,  o  madre  mia, 

Nella  culla  soffocar  ! 

SCENA  V. 

Vaseoneello  dagli  appartamenti  d’  Bsniudìa  e  Eletto. 
Vasc.  Signor  !... 

D.  Pietr.  (in  atto  di  allontanarsi)  Che  brami? — 

Vaso.  Tiene  riflessi 

Gli  occhi,  sperando,  — ciascuno  in  voi! 
D.PiETR.Ebben  ?  che  vuoisi  — da  me? 

Vaso.  Che  cessi 

Alfine  il  vostro  —  lungo  penar. 

Donna  Isabella  — •  da  sue  catene 
Sciolto  ha  la  Chiesa  ...  — 

D.  Pietr.  Che  parli?  .  .  . 

Vasc.  A'  suoi 

Cenni,  signore,  — •  per  nuovo  Imene 
Pronto  è  il  ministro,  —  pronto  è  P  aitar. 

D. Pietr. (c/m  avrà  sempre  ascoltato  Vasconcello  con  cre¬ 
scente  stupore ) 

Che  !  . .  nuovo  Imene?  — .. . 

Vasc.  Sì . . .  col  felice 

Don  Pietro! 

B.P.(/Wi  la  rampogna  Ah  menti!... — • 
e  la  commozione) 

yASC.  Signor  veP  dice 

Tale  che  il  vero  —  sempre  ha  parlato  . . . 
D.P.(con  trasporto)  Perdon...  perdono!..— Vieni  al  mio  cor! 
Vasc.  Essa  vi  attende!  — 

D.  Pietr.  Oh  inaspettato 

Gaudio  !  ! 

Vasc.  ( inchinandosi )  T  arrida  —  sempre  il  Signor! 

(parte  dall J  uscita) 


28 


SCENA  VI. 


Si.  IPactro  solo. 

\ 

Le  libre  mie  rivivono 
Alla  virtù  d*  amore  ; 

Superbo  di  quel  core 
Sarò  maggior  di  me. 

La  prima  volta  Y  anima 
Sente  desio  dJ  impero  . . . 

Potessi  il  mondo  intero 
Porti,  mia  diva,  al  piò!  (entra  negli  appar¬ 
tamenti  d’ Isabella ) 

i 

SCENA  VII. 


Punta  del  molo  di  Santarèm  con  faro.  A  sinistra  un  Monaste¬ 
ro  con  atrio  di  chiesa  praticabile  — Alla  destra  case  — ■  Nel 
fondo  bastimento  congiunto  al  molo  per  mezzo  d’  un  tavolalo. 
—  La  scena  è  totalmente  rischiarata  dal  raggio  della  luna  — 
Clangore  inlerno  di  trombe,  durante  il  quale  attraversano  cor¬ 
rendo  la  scena  molti  staffieri  armati  di  mazze  e  di  giavelotti  — 
In  questo  frattempo  il  palco  sJ  empie  di  Cavalieri;  —  prece¬ 
duta  da  servi  con  forcie,  e  seguita  da  armigeri  presentasi  quin¬ 
di  la  lettiga  del  Feudatario. 


—  Cono  — 

Dalle  !  Dalle  !  —  Siccome  bufera 
Via  trascorrela  caccia  d’  amor! 

È  la  donna,  fanciulla  o  mogliera, 

Salva  ggina  fra  tutte  miglior. 

Su  levrieri  !...  fiutate,  inseguite  !... 

Bianco  velo  ci  apparve  laggiù  ; 

È  raggiunta  la  preda! . . .  venite! 

Ben  promette  !  (Gli  staffieri  son  di  ritorno 
adducendo  una  fanciulla  coperta  d’un  velo  bianco.) 
D.  Alf.  (uscendo  dalla  lettiga)  Vediam. ..  Chi  sei  tu?.. 


29 


Suvvia,  fanciulla,  calmati, 

Forse  una  belva  io  son?.. . 

Fra  questi  prodi  giovani 
Scegli  chi  V  abbia  in  don. 

(La  fanciulla  prorompe  in  uno  scoppio 'di  pianto) 
D.  Alf.  Seco  porti  Belzebù  ( infastidito ) 

La  virtù! 

Brama  solo  il  mio  pensier 
Il  piacer. . . 

Se  vuoi  piangere  così 
Via  di  qui  ; 

Chè  già  troppo  è  rio  penar 
Dominar  ! 

Coro  (con  voci, e  risa)  Seco  porti  Belzebù 
clamorose)  La  virtù. 

Se  vuoi  piangere  così 
Via  di  qui! 

(La  fanciulla ,  reggendosi  appena ,  si  allontana.) 

D.  Alf.  Non  più  caccia  per  or...  stanco  son  io! 

Qui  riposar  desio 

Al  cospetto  degli  astri,  al  ciel  sereno  ! 

Coro  (Infelice  demente!)  (Al  cenno  di  alcuni  Ca¬ 
valieri  i  servi  avranno  tratta  dalla  lettiga  una  se¬ 
dia  a  braccìno  li,  che  presentano  a  1).  Alfonso ,  il 
quale  vi  si  abbandona  sbadigliando.) 

Signor  posate  ! 

D.  Alf.  Agli  occhi 

Par  che  mi  scenda  un  vel  —  Zitti!.,  la  brezza 
Qui  m’ invita  a  posar  con  sua  dolcezza  ! 

I).  Alfonso  con  voce  che  va  facendosi  sempre  più  fioca , 
sino  a  che  resta  completamente  addormito.) 

Io  non  voglio  più  soffrir, 

Ma  dormir .. . 

Chi  un  sol  motto  parlerà 
Morirà  ! 

Sol  riposo ...  e  pace  io  vo’  . . . 

E  F  avrò  ; 


50 


Non  por  nulla  sono  ancor 

tl  signor!  ( Gli  staffieri 

sollevano  D.  A  Ifonso  sopra  la  sedia,  c  Io  vanno 
portando  al  bastimento.) 

Coro  Alla  nave!  è  nostro  già! 

D.  Alf.  (sognando)  Zitti  là  ! 

Sogna,  sogna! 

Pace  io  vo', 

E  P  avrò... 

Infelice,  addio! 

Signor 
Sono  ancor! 

\a  t’accolga,  o  spento  Sol, 

Stranio  suol  !  (  Tutti  si  allonta¬ 

nano  in  silenzio  —  dal  bastimento  ritirasi  il  tavo¬ 
lato  Intanto  dalla  chiesa  si  spandono  le  solen¬ 
ni  armonie  dell’  organo.) 

SCENA  Vili.  ,  % 

^  esce  dal  tempio,  avvolto  in  lungo  e  nero  mantello. 

Compiesi  il  rito!  —  Frena 
1  moti,  o  cor!  —  1  utte  le  forze  estreme 
Ornai  raccogli,  e  bevi 
Sino  alla  feccia  il  calice  dolente! 

( Cessano  le  armonie  dell’ organo.) 

Ceda  al  dovere  il  cor.  ...  ceda  la  mente! 
Perdonami,  gran  Dio, 

Se  F  anima  immortale, 

Vinta  dal  duol,  che  P  auge, 

Serve  alla  creta  un  solo  istante,  e  piange  ! 

\  orrei  ben  io  sospingermi 
Oltre  il  desio  terren, 

Ma  retrocede  P  anima 
Verso  il  perduto  ben  ! 
l  ida  al  silenzio  etereo 
1  tuoi  lamenti,  o  cor . . . 


Coro 

D.  Alf.  c.  s. 

Coro 
D.  Alf. 

Coro 


Più  non  vedrai  sorriderti 
Il  raggio  dell'  amor  !... 

Sguardo  profan  non  penetri 
Del  tuo  segreto  il  vel; 

I  di  consuma,  o  misero, 

Qual  lampa  eh’  arde  al  eiel  !  ! 

Coro  dalla  Chiesa. 

Di  queste  due  bell’  anime 
Sorrida  il  Cielo  ai  dì  ; 

Ed  il  mortai  non  sèpari 
Quel  che  il  Signore  unì  ! 

(Si  riprendono  le  armonie  dell'  organo  —  Vascon- 
cello  si  prostra  verso  la  Chiesa ,  ascoso  il  capo  fra 
le  mani ,  mentre  cala  il  sipario .) 


fise  dell'  atto  secondo. 


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SCENA  I. 


Il  Conte  «li  §ouza. 

Camera  nella  Torre  di  Santarèm;  —  Nel  fondo  ampio  balcone 
con  inferriata  che  viene  al  Tago.  —  Alla  sinistra  ingresso  ad 
una  alcova.  —  Alla  diritta  porta,  dalla  quale  si  discende  per 
mezzo  d’una  scala  interna  al  piano  terreno,  e  quindi  all’usci¬ 
ta.  La  scena  è  illuminata  da  una  grande  lampada  appesa  al 
rosone  della  volta. 

Conte  Come  t’ innalzi,  o  luna, 

Splendida  e  bella  pei  celesti  campi! 

Cosi  la  mia  fortuna 

S’apre  il  cammini  ...  Tessuta  è  ornai  la  tela 
Sì  strettamente,  che  potenza  umana 
Non  ne  sciorrebbe  un  nodo... 

Un  passo  ancora,  ed  alla  meta  approdo!  ! 

Voce  inter.  Voga,  voga!  il  firmamento 

Par  che  annunzi  un  dì  miglior  ; 

Scorre  il  Tago  in  terso  argento 
Qual  del  giusto  il  puro  cor  ! 

Conte  Che  avviene  all’  alma  mia  ?... 

(gettane!.  Chi  mi  ricorda  il  padre?...  0  chi  d* innanzi 
a  sedere )  Tornami  il  tempo  che  passò  ?...  Follia  !... 

Voce  c.  s.  Vidi  Y  empio  in  seggio  altero, 

Ripassai,  non  era  più! 

Voga,  voga,  o  gondoliero, 

Solo. eterna,  è  la  virtù! 

Conte  Cor  mio,  tremar  puoi  tu  ?  Che  la  saetta 
Segua  il  suo  volo  !  Coronata  F  opra, 

Avrò  perdono  . . .  plaudiran  le  genti  .  . . 

Che  giudizii  di  Dio  sono  gli  eventi . .  . 

(Momento  di  pausa  —  dopo  un’interna 
lotta  il  Conte  si  alza.) 


3 


oi  v 

Due  genj  avvolgono 
Lo  spirto  mio  ...  ’ 

Qual  d’essi  è  dèmone  ?  . . . 
Qual  d*  essi  è  Dio  ?... 

L’ uno  additandomi 
Una  corona 
Mi  grida  :  Cingila, 

Premio  al  valor  ! 

L’altro  mi  tuona 
Con  fiero  aspetto  : 

Sii  maledetto, 

0  traditor  ! 

No  ! . .  .  non  è  perfida 
La  brama  ardente, 

Che  infiamma  ed  agita 
Il  cor,  la  mente  ! 

Sublime  vertice, 

Mortai  mina, 

Saprò  raggiungervi 
Col  mio  voler  ! 

Per  man  divina, 

0  inferni  arcani, 

Fra  i  Lusitani 
Ho  aneli’  io  poter  ! 

Suonali  le  scale  !...  —  Son  le  fidate 
Mie  genti  attese  !  — 

SCENA  II. 


Partigiani  del  Conte  e  Detto. 


Come 

Coro 


»  % 

Come 


Suvvia,  narrate  ! 
Alfonso,  al  sonno  —  chinati  i  rai, 

Riposa  inconscio  —  sovra  il  naviglio. . . 
Allor  che  il  bronzo  —  tuonare  udrai 
Sciorran  le  vele  —  pel  noto  esiglio. 

Gli  sposi  ?... 


Coro 


55 

Avvinti  —  dalla  tua  schiera 
Di  pochi  passi  — •  li  precediamo  ; 

Del  Solitario  —  sull’  orme  stiamo, 

Che  dalla  cella  —  sparito  egli  è  ! 

Conte  Ite,  mici  fidi!  —  Forza  è  clr  ei  pera, 

Che  vivo  o  spento  —  si  tragga  a  me. 

fi  partigiani  partono.) 

SCENA  III. 

Il  Conte  solo. 

Conte  Ecco,  alfin  m’è  il  calle  aperto, 

Certa  è  ornai  la  mia  vittoria; 

Già  ti  cingo,  ambito  serto, 

Contrastarti  a  me  chi  può  ?... 

Mal  si  oppone  al  mio  sentiero 
Del  rimorso  il  grido  fiero  .  . . 

10  con  pagine  di  gloria 

11  passato  coprirò  !  ( 1 1  Conte  udendo  ru¬ 

more  di  passi  ritirasi  nell’  alcova.) 

SCENA  IV. 

Isabella  e  D.  Pietro. 

Preceduti  da  due  armigeri,  che  rischiarano  le  scale  con  faci  si 
presentano  Isabella  e  D.  Pietro  disarmato.  Isabella  si  ab¬ 
bandona  sulla  sedia  collocata  presso  il  tavolo.  Gli  armigeri  si 
ritirano. 

D.  Pietr.  Sposa  mia  !  della  tua  pena 
Il  dolor  m’ affligge  solo  ! 

Deh  !  ti  calma  ! 

jSAB>  Io  son  serena  .  . . 

Del  mio  core  è  vita  il  duolo. 

D.  Pietr.  E  serbarti  a  di  felici 

Io  credeva  . . .  ahi  sciagurato  !... 


oo 

Isab.  No  !  sol  io  di  tristi  auspici 

Sparsi  il  giovane  tuo  fato  ! 
i).  Pietr.  Vasconcello  . . . 

Isab.  Ebben  ?... 

I).  Pietr.  ^Spergiuro 

Chi  ‘1  secreto  rivelò 
Se  non  desso  ?  T . . 

Isab.  (alzandosi  con  II  sangue  impuro 

impeto)  Or  d' Alfonso  in  te  parlò  ! 

]).  Piftr. 


Isab. 


So,  che  di  sogni  rosei 
lo  sciolgo  a  te'P  incanto  ; 

Egli,  fratello  al  perfido, 

Tradir  potea  soltanto  . . . 

Sempre  nr  invase  un  fremito 
I)’  innanzi  all’  infedel. 

Taci  !.. .  sarebbe  il  crederlo 
Troppo  letal  pensiero  . . . 

Saria  martirio  il  vivere, 

Saria  menzogna  il  vero  . . . 

Non  crederei  negl’  uomini, 

Non  crederei  nel  ciel  J  „ . . 

Se  P  universo  —  tutto  sorgesse 
Ad  accusarlo  —  direi  che  mente  ! 


(con  ({marezza.) 


SCENA  V. 


fi  Comic  di  Siaza  e  Udii. 


Conte 

Isab. 

1).  Pietr. 

Conte 
I).  Pietr. 
Conte 


E  se  il  fratello  —  pur  lo  dicesse  ?... 

Gran  Dio  ! . .  che  ascolto!  —  spezzati,  o  cor  ! 
Suza  !...  nel  nome  —  del  mio  possente 
Cugin  chi  ardiva  —  qui  trarne  ?... 

Io  stesso  ! 

Tu  !  (per  porre  mano  al  fianco  eli  ei  trova  dis- 
V uota  ciancia— non  vale  adesso!.,  armato) 
Ooi  apporre  il  nome  —  d*  uopo  è,  signor. 

(presentandogli  un  foglio.) 


i —  r-7 

0/ 


D.  PlETR. 
Conte 


IS'AB. 

I).  Pietà. 

IsàB. 

D.  PlETR. 
ISAB. 

]).  PlETR. 


ISA.Br 


Ciel  !...  la  rinuncia  —  cF  ogni  mio  dritto  ! 

Vii  traditore  !...  no,  —  morte  pria  ! 

Breve  momento  —  è  a  voi  prescritto 
Per  meditarlo  —  (si  ritira.) 

SCENA  VI. 

Isabella  e  91.  Pietro. 

Sposo  !  ( gettandosi  nelle  braccia 

eli  D.  Pietro) 

Alma  mia  ! 

V  udisti  ?...  breve  —  tempo  è  concesso. 

Il  tuo  consiglio  —  saprò  seguir  ! 

Figli  di  prenci  —  sol  n’è  permesso  (con  riso- 
Nel  bivio  orrendo ...  —  luzione  e  dignità) 

Parla  . . . 

Morir  !... 

Sublime  parola  (con  gioia) 

Hai  tu  profferita  ; 

Racchiude  ella  sola 
Ebbrezza  infinita, 

Di  nodo  più  forte 
M’ unisce  al  tuo  cor  . . . 

Mi  schiude  con  morte 
Un  cielo  d'amor. 

(Ali  !  P  ultima  e  sola 
Speranza  è  svanita, 

Al  mondo  t’invola, 

Mia  povera  vita. 

Spezzai  le  ritorte 
Che  avvinsero  il  cor  . . . 

Può  solo  la  morte 
Dar  fine  al  dolor  !) 


58 


N  * 

SCENA  VII. 

' 

li  Conte  e  fletti. 

Conte  Ebben  ? 

D.  Pietr.  (con  dignità )  Risponderò,  per  mio  diritto 

Quando  il  tuo  sir  m’ abbia  il  Consiglio  aperto 
Conte  Più  non  comanda  Alfonso  ! . .  In  questo  scritto 
Indegno  del  poter  rinuncia  al  serto. 

I  ).  Pietr.  Oli  tradimento  !...  Allor,  empio  vassallo, 

A  me  ti  prostra  . . .  (odorisi  tre  colpi  di  can 

none. 

Conte  (con  impeto  di  Udite  ?...  a  cenni  miei, 
n  (legna)  Valica  Alfonso  il  mar.  —  Del  vuoto  stallo 
Il  signore  son  io  ! .  . 

SCENA  Vili. 

11  Solitario  e  Detti. 

Non  anco  il  sei  !  ! 

Uom  fatale,  e  ancor  sottrarti 
Pensi  ?... 

Vengo  ad  annunciarti 
Che  già  batte  alle  tue  porte 
Un  arcangelo  di  morte... 

Posso  a  scampo  aprirti  via  ; 

Se  non  nr  odi  guai  per  te  !.. . 

E  chi  passo  a  me  t’ apria  ?... 

Quei  che  innalza  e  abbatte  i  Re  !  .  . 
(Momento  di  silenzio.) 

Non  odi,  o  stolto,  un  fremito 
Quasi  di  mar  che  mugge  ?... 

E  il  tuo  destin  che  compiesi, 

E  il  tuo  poter  distrugge  ; 

È  dell*  Eterno  il  fulmine, 

Che  sperde  i  traditor. 


SoLIT. 

Conte 

Soj.it. 


Conte 

SoLIT. 


39 


Conte  Turba  d’ iloti  è  il  popolo 

Che  il  piede  mio  calpesta  ! 

La  scure  del  carnefice 
Sla  sulla  vii  tua  testa  ; 

Nè  può  da  te  distoglierla. 

Profeta,  il  tuo  signor  !... 

Isab.  (A  quella  voce  T  intime 

Fibre  tremar  mi  sento  ; 

Quale  sfavilla  all'anima 
Raggio  di  lieto  evento! 

Di  tante  pugne  ai  palpili 
Più  non  ha  forza  il  cor  !) 

D.  Pietr.  (Che  può  guidar  V  intrepido 

IT  innanzi  a  quel  feroce  7  . . . 

Contro  la  colpa  orribile 
Tuona  del  ciel  la  voce  !... 

Splende  fra  tante  tenebre 
Lampo  di  speme  ancor!...) 

Conte  Guardie  !  ( avvicinandosi  alle  porle ) 

Solit.  Serva  a  un  traditore. 

La  tua  schiera  ti  tradiva. 

Conte  (Perchè  tremo  ?  oh  !  mio  furore  ! . . .) 

Solit.  Viva  il  sir  Don  Pietro!..  ( avvicinandosi 

al  balcone) 

Popolo  ( dalla  piazza)  Viva! . .  .  ( Dalla  piazza 

sJ  intuona  la  marcia  di  Santarèm.  —  Le 


scale  rumoreggiano  sotto  i  piedi  della  folla 
che  non  tarda  a  prorompere  in  scena.) 

IsAB.eD.PiET.  Ciel  !...  che  avvien?  . . . 

Conte  Fu  mio  destino  !... 

Oh  !  ma  pria  morrai  tu  qui!.,  (ferisce  cT  li¬ 
na  pugnalata  il  Solitario ,  e  gettasi  di¬ 
speratamente  già  per  le  scale  incontro 
alla  folla.) 


40 


SCENA  ULTIMA. 

Uomini  e  Donne;  e  Detti. 

Solit.  Il  pugnale ...  di  Caino  ! . .  (cadendo  getta  il 

Che  hai...  tu  fatto?.,  cappuccio  e  la  barba.) 
Isab.  e  D.  Pietr.  Vasconcello  !...  ( gettan - 

Coro  Ahi!  sciagura!  dosi  ai  piedi  del  ferito.) 

Vasc.  Al  mio  fratello. . . 

Ciel . . .  perdona  !... 

Coro  II  vii  morì  !... 

Isab.  Neppur  la  tomba,  ahi  misera  !  (si  alza 

Dividerò  con  te  ?...  con  disperato  dolore.) 
Visse  per  me  quest'angelo, 

Egli  moria  per  me  !.. . 

Vasc.  Solo  a  far  lieti  i  popoli 

Siate  felici,  e  grandi  ; 

Qual  puro  sol  la  porpora 
Luce  di  gloria  mandi  ; . . . 

E  fremerai!  di  giubilo 
Quest’  ossa  mie  quaggiù. 

Addio  !!.’.. 

Isab.  e  D.  Pietr.  Nè  teco  vivere 

Più  ne  sarà  concesso  ? 

Vasc.  Sì  !  dove  ...  si  rivedono  . . . 

In  sempiterno  amplesso  . . . 

Quelli...  che  in  terra  amarono... 

L’  onore  e  la  virtù  !... 

Coro  Fu  breve  ognor  per  gli  angeli 

L’ esiglio  di  quaggiù  ! 


FINE.